giovedì 3 maggio 2012

Messa degli Angeli - 19 aprile 2012


Si rinnova anche quest’anno l’appuntamento con Daniela a Gradisca d’Isonzo per la celebrazione della Messa degli Angeli.
Lo Spiritual Ensemble torna di nuovo, come ogni anno, per celebrare il ricordo di nomi scanditi nell’eco delle navate, il ricordo di giovani vite, il ricordo di volti che sorridono, il ricordo di occhi che splendono. Perché quando perdi qualcuno dimentichi d’un tratto i litigi e le incomprensioni che ci possono essere stati e ti rimane solo il sapore delle cose belle, dei momenti condivisi, degli sguardi scambiati e delle occasioni serene.
Sono state spese già molte parole per descrivere la sofferenza, la tragedia, il dolore che vive nel cuore di chi è rimasto, genitori, amici, compagni che non riescono, non possono o non vogliono dimenticare la sofferenza del distacco. Non servono parole quando guardi occhi vacui persi nel ricordo di un pomeriggio di sole, quando guardi occhi chiusi che assaporano un profumo, quando guardi occhi spenti che rivivono in una risata quando senti cuori che si riscaldano nella memoria di un abbraccio.
E allora basta parole che poco possono descrivere quel dolore che alcuni di noi non possono nemmeno immaginare, non esistono parole abbastanza potenti per descrivere ciò che si agita dentro le persone presenti alla messa; che siano coinvolte personalmente o meno non possono restare indifferenti all’atmosfera che si respira tutto intorno.
Si lascia spazio alla musica che quando interviene a sollevare il flusso delle parole scandisce momenti che amplificano le emozioni della vita che sta scorrendo a Gradisca in un pomeriggio di pioggia e traccia un percorso attraverso sensazioni e sapori che riempiono l’atmosfera.
L’assemblea occupa lo spazio della celebrazione, viene invitata a partecipare sulle note di “Hail Holy Queen“, inno a Maria, Maria come madre che ha vissuto la stessa tragica esperienza delle famiglie riunite in questa chiesa, Maria che grazie alla sua profonda fede è riuscita a convivere con il dolore.
E’ un fardello pesante quello che sorreggono i familiari di chi non c’è più, un fardello di ricordi e di domande. Con il canto al Vangelo “When I lay my burden down” si apre uno spiraglio di speranza, il tempo e la fede aiuterà a risollevarsi e cosa succederà quando si riuscirà a far scivolare questo peso che opprime?
Ora tutto é buio intorno a loro, sentimenti diversi di paura, rabbia e disperazione scuotono i loro cuori ma c’è una luce in lontananza, una luce verso cui tutti tendono e se ci si affida ad essa allora la speranza inizierà a scaldare l’anima e potranno passare oltre e attraversare lo scoramento come ispira il canto dell’Offertorio “Cross over the river”.
Quella luce è sempre stata li, l’unica cosa da imparare è di affidarsi ad essa con cuore puro e senza timori. Per quanto doloroso sia il momento, per quanto incomprensibile sia quello che è successo, per quanto difficile sia da accettare la vita è nelle mani di Dio, come viene cantato alla Comunione in “My life is in your hands”. La vita di chi non c’è più ora risplende della sua luce eterna e la vita di chi è rimasto è riscaldata dalla stessa luce. Come ricorda in chiusura il Celebrante “La sofferenza è passeggera mentre la luce dura per sempre.”
Ma le domande affollano la mente perché, perché, perché! E’ una domanda che risuona in “Didn’t my Lord deliver Daniel”, perché Dio non salva ogni uomo. Dio, giudice e arbitro di uomini e donne, Dio che decide chi salvare e chi sacrificare, Dio che sembra giocare a dadi con la vita dei suoi figli. Ma non si può rimanere ancorati nel passato, a porsi domande senza risposta, a chiedere motivazioni di ciò che è successo, c’è dolore certo, c’è rabbia certo, c’è disperazione certo, ma anche questo aiuta ad essere centrati sul qui ed ora, sull’oggi, su quello che rimane, su chi rimane. Non vanno sprecate tutte le energie a rimpiangere ciò che c’è stato,queste energie vanno spese per celebrare ciò che c’è stato; non vanno spese tutte le energie a ricordare con sofferenza ciò che si è vissuto, queste energie vanno usate per celebrare ciò che si è vissuto.
Ed allora spinti dalle note di “Oh, happy day” celebriamo la vita, la vita che questi giovani hanno vissuto, seppur breve, seppur fatta di poche esperienze, celebriamola e celebriamo anche la vita piena di forza e coraggio di coloro che restano. Ogni giorno vale la pena di essere vissuto e merita di essere celebrato.

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